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Lola Olufemi – Femminismo interrotto

Quello presentato da Lola Olufemi è un femminismo radicale, che mette in discussione il neoliberismo, lo stato, la polizia, il carcere, tra le altre cose. Nonostante questa posizione forte, il libro è accessibile anche a chi non sa neanche cosa sia l’identità di genere.

Femminismo interrotto mi sembra un’ottima introduzione al femminismo: usa un linguaggio il più semplice possibile e, anche quando critica delle idee che per qualche lettore potrebbero essere nuove, nel farlo, spiega le idee criticate. Insomma, questo è un libro buono anche per chi non ha idea della differenza tra sesso e genere (anche se poi Olufemi va avanti affermando che entrambe sono “sovrastrutture sociali”, aggiungendo “(…) potremmo credere che il sesso e il genere siano categorie artificiose, imbellettate dalle abitudini sociali, e riconoscere che la violenza che causano, quella invece, è reale.”, p. 81-82). Insomma un libro capace sia di dare un’infarinatura generale su cosa è il femminismo; sia, allo stesso tempo, di smontare delle idee diffuse, ma superficiali. Per esempio, è chiaro che il femminismo di Olufemi non è quello neoliberista. L’autrice infatti ha la convinzione che il femminismo possa davvero “trasformare le nostre vite, ma per farlo deve prima essere svincolato dal neoliberismo che mortifica le nostre facoltà immaginative.” E affinché ciò sia possibile, aggiunge, bisogna “interrogarsi anzitutto sulle condizioni che renderebbero il mondo un posto vivibile per tutti.” (p. 199)

La qualità di Olufemi è che riesce a criticare le TERF, ma allo stesso tempo a spiegare le TERF anche a una persona che non abbia mai sentito parlare di sesso e gender. Come fa in queste poche righe: “La pressione a rappresentare il gender in modo corretto è così radicata nelle nostre vite che è difficile concepire un mondo in cui questa performance non esista. E scoprire che tutto ciò che ti è stato detto sulla natura immutabile del tuo corpo è una bugia può sconvolgerti nel profondo. C’è un tipo di femminismo che sfrutta l’ansia creata da questa rivelazione. Le Trans Exclusionary Radical Feminists (TERF), o coloro che si definiscono gender-critical, seguono una logica femminista specifica per individuare l’origine dell’oppressione delle donne nella biologia. Secondo loro il sesso è una categoria fissa e non può essere modificata.” (pp.83-84)

Spesso sono inclusi dati, utili nel caso vi troviate a dibattere con certe persone che parlano solo per smontare gli argomenti altrui:

“Quasi la metà dei ragazzi transessuali nel Regno Unito ha tentato il suicidio e Stonewall ha rilevato che il 41% degli intervistati è stato vittima di crimini d’odio nell’anno precedente.” (p. 94)

“Nel Regno Unito, la maggioranza delle prostitute sono madri che hanno parlato della necessità di “pagare le spese domestiche e mantenere i figli” tra le principali motivazioni dell’ingresso nell’industria del sesso. (p. 147)

Ecco alcuni estratti del libro, per avere un’idea su come Olufemi affronta certi temi:

Sul lavoro sessuale:

“Penalizzare gli acquirenti del sesso rende più difficile per le sex workers trovare clienti: è una trappola per le prostitute, perché per disperazione le costringe a lavorare clandestinamente per adescare clienti che non vogliono rischiare la prigione. Questo significa entrare in macchine sconosciute, fare sesso in luoghi poco familiari, non scegliere i clienti, e cioè aumentare la probabilità di essere aggredite visto che per lavorare devono essere irrintracciabili.” (p. 150)

“Spesso le cosiddette femministe radicali si sono alleate con la destra cristiana per schierarsi contro il lavoro sessuale. Ma chiunque sia impegnato in movimenti che tentano di trasformare la società dovrebbe confrontare il mondo che vorrebbe con quello in cui vive. Un’idea più ampia del consenso riconosce che, sebbene non si possa sfuggire alle strutture oppressive, al loro interno esiste un certo livello di autodeterminazione. E anche se questa non è libertà, può fare la differenza: la differenza che c’è tra nutrirsi e restare affamati, fuggire dal conflitto o restare e soccombere. Se rimuoviamo la lente di vittimismo e consideriamo le sex workers persone capaci di fare scelte nel proprio interesse, consapevoli di ciò che può rendere più semplice la loro vita e il loro lavoro, la richiesta di depenalizzazione diventa più che legittima.” (p. 153)

Sul consenso:

“Solo se il concetto di consenso viene radicalmente riconsiderato, sarà possibile averne una comprensione più completa. Dobbiamo chiederci: davvero il consenso è sempre entusiasmante? Se facciamo sesso controvoglia, abbiamo davvero dato il nostro consenso? E se siamo stanche o soffriamo di patologie croniche? Cosa succederebbe se sapessi che, in cambio di sesso, potresti sfamare i tuoi figli per tre giorni consecutivi? Che significa allora consenso?” (p. 139)

“Questo non significa che avere rapporti sessuali con gli uomini sia intrinsecamente pericoloso per le donne – lo è invece pensare che la violenza avvenga solo per una mancanza di comprensione del consenso e non perché gli uomini siano socialmente formati per manifestare loro stessi e la mascolinità attraverso il dominio aggressivo, come pratica disumanizzante insieme a molte altre.” (p 139)

“Sì non significa sempre sì. Sì potrebbe voler dire ho paura per la mia incolumità se dico no. E ancora temo che verrò penalizzata nel prossimo incarico se dico no. Oppure ho paura che perderò il lavoro se dico di no. È assurdo pensare che ogni sì voglia dire che la donna sia a proprio agio, si senta al sicuro e sia d’accordo su ciò che succederà.” (p. 140)

sulla differenza  tra il volere diritti riproduttivi e la giustizia riproduttiva:

“(…) i movimenti di massa vanificheranno sempre i loro stessi obiettivi fino a quando considereranno la legge come l’unico indicatore del progresso. Forse il gesto più significativo sarebbe sabotare il processo legislativo e rifiutarsi di riconoscere l’aborto come illegale. In quanto femministe, dobbiamo continuare a infrangere la legge per fornire aborti e farmaci associati su richiesta, per poter vivere le vite che meritiamo.” (p. 72)

sull’austerità:

“I rapporti del Women’s Budget Group hanno evidenziato che, come risultato dei tagli introdotti nel 2010, entro il 2020 le famiglie nere e asiatiche subiranno un crollo negli standard di vita rispettivamente del 19,2% e del 20,1%. (…) È necessario combattere la logica perversa dello Stato per cui questi tagli devastanti siano in qualche modo necessari per il futuro economico del Paese. Che Paese è quello che rifiuta di anteporre i bisogni dei cittadini al progresso capitalista? (…) A cosa serve un’aula piena di politiche che si dichiarano femministe, se per esserlo calpestano i corpi di altre donne morte?” (p. 45)

Non posso esaurire tutti gli argomenti del libro, ma vale la pena menzionare ch Olufemi dedica anche capitoli molto interessanti al cibo e all’arte. In quest’ultimo, per esempio, tratta il caso della fotografa Khadija Saye, da un lato esposta alla Biennale di Venezia, dall’altro uccisa da un incendio evitabile, quello della Grenfell Tower, a soli 24 anni.

Per chi volesse approfondire questi temi, Olufemi menziona diversi libri interessanti, tra cui opere di Angela Davis (sto pensando se chiederne uno con il prestito interbibliotecario), un monumentale studio sulla storia delle donne nere in Gran Bretagna, The Heart of the Race: Black Women’s Lives in Britain di Stella Dadzie, Suzanne Scafe e Beverley Bryan, e il libro Revolting Prostitutes di Juno Mac e Molly Smith. Alla fine del libro, una sezione è dedicata proprio a una selezione di ulteriori letture.

Non posso non consigliare “Femminismo interrotto”; un libro perfetto anche per chi non ha letto molto di femminismo o addirittura non ha mai letto niente. Si può chiudere questo libro sapendo davvero molto molto di più (per esempio sulla storia delle femministe nere in Gran Bretagna) e avendo nuovi spunti e nuove indicazioni su cosa leggere. Complimenti anche alla biblioteca per aver messo a disposizione un libro così recente, essendo stato pubblicato pochi mesi fa.

Lola Olufemi, Femminismo interrotto. Traduzione di Ilaria Saturnini. Roma, Giulio Perrone Editore, 2021.