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Guillermo Arriaga – Il selvaggio

“I miei genitori tornarono dall’Europa quando Carlos era ormai soltanto un cumulo di carne putrida e di gas sepolto due metri sotto il fango. Per giorni non smise di piovere. L’acqua che si infiltrava verso la bara di mio fratello. Mio fratello-cadavere fradicio, mio fratello-cadavere e le sue ultime boccate, mio fratello-cadavere sepolto accanto all’altro mio fratello-cadavere. La famiglia dei morti. I miei fratelli annegati che adesso annegavano ancora di più con quella pioggia interminabile. Acqua e poi acqua e poi ancora acqua. Gas, putrefazione e acqua. In che momento un fratello con cui fai colazione, chiacchieri, giochi, cammini, a cui racconti i tuoi segreti, che ti consiglia, lo consigli, gli vuoi bene, lo ami, si trasforma in un gorgoglìo di gas pestilenti in un’assenza insopportabile in una morte irrimediabile in una colpa ineludibile in un assassinio premeditato in una rabbia incontenibile in una vendetta desiderata in un incubo in un colpo allo stomaco in una voglia di vomitare in un dolore smisurato in un odore brutale?” (p. 72)

Paragrafi come questo, un ritmo come questo, sono la ragione per cui mi sono lanciato in questo libro che, con il passare delle pagine, si è rivelato una vera schifezza.

Mi hanno fatto schifo:

Le coincidenze sdolcinate: quando il protagonista si mette con Chelo ufficialmente, i suoi parrocchetti scoprono il gusto della libertà. Cip cip. “Salii in camera per dar da mangiare ai parrocchetti e non li trovai. Li cercai per casa. Non c’erano. Entrai in camera dei miei. Chelo aveva lasciato la finestra aperta. Mi affacciai e scoprii Whisky e Vodka tra i rami di un cedro sullo spartitraffico del viale. Mi entusiasmò la loro libertà. Finalmente si erano avventurati oltre i confini della casa.” (p. 443) Insomma, proprio quando il protagonista propone alla ragazza di mettersi con lui, gli uccellini hanno il coraggio di volare fuori di casa. Che coincidenza.

Come vengono usate vecchie teorie screditate, come quella degli umori di Aristotele, per spiegare stati d’animo. Sappiamo tutti che sono cazzate, sono anche cose arcinote, quindi che valore hanno oggi, anche in un testo di finzione?

Come vengono usate le leggi di Newton come metafora di come funzionano le persone. Ancora una volta quei clichè sul fatto che a ogni azione corrisponde una reazione. Totalmente evitabile.

Come Arriaga gioca su una frase di Borges per una pagina intera. È stato pagato a cartelle?

Il fatto che il protagonista sia tipo un fenomeno. Piace a tutte le ragazze menzionate (e anche a un ragazzo omosessuale), viene eletto giocatore di basket dell’anno nella sua scuola, fa un gol da centrocampo, riesce a domare un animale indomabile, il suo prof di letteratura gli dà dieci esonerandolo dal test perché ha risposto in modo non conformista una volta. Arriaga è praticamente costretto a fargli morire tutta la famiglia, altrimenti sarebbe impossibile provare simpatia per questo personaggio.

Il maschilismo. Non solo del protagonista. Il protagonista fa il superoffeso con una ragazza che, mentre andava a letto con lui, ha avuto una crisi ed è andata con altri due. Notare che non era la sua ragazza, non si erano dichiarati. Poi un suo amico la vede nuda per sbaglio e il suo primo istinto è di menarlo. Abbiamo capito che Arriaga vuole che pensi che questo tipo sia un selvaggio e che riesca a dominarsi per miracolo, ma questa non è per niente una narrazione nuova o originale; anzi, è la stessa che serve a molte persone per giustificare i delitti passionali. Ma, come dicevo, non è solo il protagonista. Anche Robert si lamenta che sua moglie parla troppo. Arriaga insiste su questa cosa, dicendoci persino che “dei dodici minuti che durò la chiamata, per undici fu lei a parlare”. (p. 481) Vuole suonare molto oggettivo; il problema è che le ricerche dicono il contrario. Questo Robert prende poi la decisione di adottare dei bambini senza nemmeno consultare la moglie, nonostante sia lei ad aver tenuto dietro alla famiglia esistente fino ad oggi. Certo, potrebbe essere un’eccezione; peccato che le donne in Arriaga sembrano essere apprezzate quando scopano (la moglie di Robert neanche quello), quando cucinano e quando stanno zitte. Per questa visione della donna, questo libro sembra semplicemente molto “vecchio”. Nato vecchio, direi, dato che l’edizione originale è del 2016.

L’omofobia (sì, c’è pure quella – e ancora non lo sapevo quando mi sono appuntato il paragrafo precedente). A pagina 706 il personaggio principale e narratore dice “Mi indignò che Carlos avesse potuto pensare che io fossi stato capace di scoparmi o di farmi scopare da un tipo.” E ancora, più che essere scandalizzato da una cosa del genere, mi sembra semplicemente vecchia.

Le esagerazioni. Di un tipo soprannominato Babbo Natale, così scrive Arriaga “Nella sua barba c’erano talmente tanti avanzi di cibo che una famiglia numerosa di topi avrebbe potuto sfamarcisi dentro per settimane. Sembrava non essersi mai fatto un bagno.”

Tralasciando l’ultimo commento, che sembra più quello che potrebbe dire una madre a un figlio, insomma un luogo comune, che uno scrittore di un suo personaggio, torniamo ai topi. Davvero “una famiglia numerosa di topi avrebbe potuto sfamarcisi dentro per settimane?”. È come se Arriaga volesse essere solo il più contundente possibile. Sorprendere continuamente il lettore (così si spiegano anche le ridicole poesie grafiche che si trovano ogni tanto nel libro).

È questo, mi chiedo, scrivere male? Coincidenze ed esagerazioni?

Altri esempi di scrittura orribile:

A pagina 543: “Il mio nemico. Così lontano e così vicino”. Un bel cliché, ma tanto finché si interrompono le frasi con dei punti a cazzo, il lettore resterà con noi. Il lettore. Così stimato da Arriaga.

“Uno dei secondini venne ad avvertirci che il tempo della vita era terminato. Lo disse quasi dispiaciuto di interromperci.” (p. 707). MOLTO credibile che a un secondino freghi qualcosa di interrompere una conversazione. Mi sembra piuttosto un errore di Arriaga che come autore avrebbe voluto continuare la conversazione e trasferisce il suo desiderio a un personaggio. Ridicolo. Errori del genere capitano a tutti, quando si impara a scrivere.

A pagina 723: “Non voleva andare avanti con la sensazione di trovarsi arenato in uno stesso punto.” Devo spiegarla? Basta rileggerla.

Ci sono anche poche cose buone

Come è descritta la brutalità della polizia.

L’intreccio. Per quanto ci siano troppe coincidenze, è bello come le storie si mescolano.

Come si parla della morte (per esempio nel pezzetto citato).

Come vengono introdotti i personaggi. Per esempio Chelo o El Loco. Il modo in cui se ne parla all’inizio non lascia intravedere che saranno così centrali. Chelo, menzionata per essere caduta da un tetto. El Loco, la cui storia di combattente del Vietnam sembra essere così slegata dalla nostra storia che non si può immaginarlo diventare un socio di Carlos, il fratello del protagonista. Questa cosa mi piace, perché mi sembra rifletta la vita. Il più delle volte, quando si conosce qualcuno o si sente parlare di qualcuno, non si indovina che ruolo avrà nella nostra esistenza.

In generale, comunque, questo libro è uno spreco di tempo e un insulto all’intelligenza e alla sensibilità del lettore.

Guillermo Arriaga, Il selvaggio. Traduzione di Bruno Arpaia. 2018, Bompiani.